La crisi e le nuove sfide per il mobility manager

 

di Lucia Savino (Mobility Manager per iMpronta in Azimut Yacht Avigliana)

E' dal 2007 che lavoriamo in Azimut come Mobility Manager.

Da allora promuoviamo azioni e attiviamo campagne di comunicazione per sostenere la mobilità sostenibile: erogazione di contributi per i dipendenti che fanno richiesta di un abbonamento annuale al TPL, adesione al progetto 'bike box' del Comune di Avigliana, parcheggi riservati a chi fa car pooling, premi per chi prova il mezzo pubblico per un mese.

In questi anni, pur essendo i dipendenti dall'azienda intorno al migliaio, la percentuale di persone disposte a cambiare il proprio modo di spostarsi è sempre stata bassa.

Da qualche mese invecenon è più così. I dipendenti che stanno lasciando la macchina a casa (o che decidono di venderla) per usare il pullman o il treno sono sempre più numerosi. Finalmente il contributo aziendale del 21% per l'acquisto di abbonamenti annuali sta andando anche a molti dipendenti che fino ad ora non ne avevano mai usufruito. Nel piccolo questionario che sottoponiamo loro quando fanno richiesta, ci scrivono che sono proprio i costi che determinano il cambiamento.

La stessa cosa sta capitando per il car pooling perché, pur rimanendo sicuramente valida l'idea che viaggiando da soli si è più liberi negli spostamenti e con gli orari, si stanno formando in azienda diversi gruppi spontanei che condividono l'auto e i costi per recarsi al lavoro. La crisi rende possibile ciò che fino a qualche mese fa pareva improponibile: mettersi d'accordo.

Non sono cambiate altre variabili: i turni sono sempre gli stessi e anche gli orari dei mezzi pubblici non hanno subìto cambiamenti. Ciò che è cambiata probabilmente è la percezione del viaggio quotidiano.
Nel periodo di prosperità e benessere il viaggio con il mezzo pubblico viene vissuto come difficoltoso: gli orari non sono perfetti né flessibili, i mezzi sono talvolta in ritardo, le vetture non sono sempre accoglienti. Meglio l'auto anche se si sta fermi nel traffico e si spende molto in carburante (contribuendo al peggioramento della qualità dell'aria per tutti). Nel periodo di crisi si è spinti probabilmente a 'sopportare' i disagi del mezzo pubblico per il bene del portafoglio.

Ciò su cui mi sto interrogando in questo periodo è quanto durerà, non la crisi ma la scelta dei dipendenti. Quanti di questi lavoratori, in un momento - speriamo vicino - di ripresa, continueranno ad usare modalità più sostenibili di spostamento? E soprattutto: qual è il compito del Mobility Manager in questa fase? a parte i risultati concreti raggiunti (meno auto nel parcheggio aziendale, minore produzione di CO2, minori ingorghi, ecc...) non penso ci sia troppo da gioire in qualità di consulente per dei risultati che sono stati raggiunti non attraverso scelte consapevoli, né per ragioni di salute o per il bene comune. La sfida è valorizzare e lodare la nuova abitudine del dipendente senza peccare di paternalismo.

Alcuni dati:

- nel 2010 un dipendente Azimut autobilista che viaggiava tutti i giorni da Torino ad Avigliana spendeva mediamente al mese 120 euro contro i 40 circa del costo mensile dell'abbonamento GTT

- gli equipaggi spontanei [dichiarati] che si sono formati tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013 sono 7 e sono composti quasi tutti da 4 persone.

- sono 10 i dipendenti che da novembre 2012 a febbraio 2013 hanno 'abbandonato' l'auto e scelto di usare il mezzo pubblico negli spostamenti casa lavoro aderendo all'iniziativa del contributo aziendale. Azimut paga il 21% del costo dell'abbonamento annuale. Il 79% lo paga il dipendente in busta paga per 12 mesi. Un esempio? L'abbonamento di tipo GTT di tipo Formula 5 costa 621 euro. Con il contributo il lavoratore Azimut paga 41€ al mese.

- stimando a 139g per Km di CO2 prodotti da un auto, questi 10 nuovi aderenti all'iniziativa evitano la produzione di circa 16 tonnellate di CO2 in atmosfera in un anno.

 

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